Lo sapevate che…le società umane prima della rivoluzione industriale erano molto povere: il reddito pro capite dei nostri lontani antenati era bassissimo, cioè a livello di pura sussistenza, il minimo indispensabile per sopravvivere. La produzione “artigianale” messa in moto da energie come quella muscolare,umane e animale, dall’acqua o dal vento, non poteva soddisfare il bisogno di larghe masse, ma solo quelli (a volte molto raffinati) di ristrette elite. Di fronte ad una situazione del genere i nostri progenitori non avevano altra scelta che essere accaniti riciclatori e non buttare via niente. Persino la cenere del focolare, opportunamente vagliata per eliminare le parti incombuste e fatta bollire nell’acqua, diventava un detersivo sgrassante per lavare il bucato.
Ovviamente qualcosa di logoro, consunto, rotto, inservibile o marcio, alla fine finiva in strada. Ma anche una volta abbandonato, c’era chi se ne interessava e frugava dentro questi scarti alla ricerca di qualcosa da riutilizzare. Che cosa? E chi erano questi individui? In Inghilterra erano conosciuti come rag-and-bone men, in Francia come chiffonniers, in Italia come stracciaroli, e gli oggetti più preziosi che potevano trovare, almeno prima della rivoluzione industriale, erano le ossa, gli stracci e i metalli.
Le ossa, specialmente quelle più grandi, erano la materia prima per fabbricare bottoni, pettini, fermagli e oggettistica varia (portasigarette, giochi come gli scacchi e la dama ecc.). Gli stracci, in particolare quelli di origine vegetale (canapa e lino), venivano riciclati nell’industria della carta con un procedimento, non esente da puzze tremende, che li riduceva in poltiglia, li sbiancava e li trasformava in un foglio immacolato. I metalli venivano fusi e riutilizzati. Ma anche le pelli di piccoli animali, come i conigli, o le penne dei polli, anatre e oche, non erano disprezzate.
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